Cerimonia di premiazione “Città di Roccagloriosa” 2017

Alcuni momenti della cerimonia di premiazione del Concorso Letterario Città di Roccagloriosa, organizzato dall’Associazione “Effetto Donna“ durante la quale è stata premiata una mia poesia, vincitrice del I° premio, per la sezione a tema “la donna”.
La giuria del premio, presieduta dalla scrittrice siciliana Maria Attanasio, si è espressa con la seguente motivazione:
“Fulcro del componimento è la presenza poeticamente suggestiva e drammaticamente misteriosa di una donna, quasi uno spettro, che popola senza comparire i versi sapientemente articolati della ballata. L’intreccio tra l’inserto parlato e il riporto metaforico, quasi un’interferenza, sfocia in un variegato ritmo metrico che contribuisce all’intenso esito espressivo della lirica”.
Grazie alla città di Roccagloriosa, all’Associazione Effetto Donna e alla poetessa Maria Attanasio.

Roccagloriosa, 8 luglio 2017

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XI Ed. Premio Letterario Nazionale Città di Calabria “Perla dello Jonio” 2014

La giuria dell’XI Concorso Nazionale Città di Calabria “Perla dello Jonio” ha assegnato il Primo Premio per la sezione Opere Inedite al mio testo poetico “Poesia per un figlio” (in memoria di Rocco Scotellaro).

premio città di cerchiara 2014

La premiazione si è tenuta il 28 dicembre 2014, nella sala convegni del Comune di Cerchiara di Calabria. Un grazie di cuore alla Giuria, all’Amministrazione Comunale, agli amici e ai presenti. Maria Pina

Quei libri che mi hanno salvato la vita

Articolo apparso oggi su TELLUSFOLIO diretto di Claudio Di Scalzo, in Critica della Cultura

Lettura, vizio precoce: da ragazzo raccattavo i giornali unti di pesce che trovavo per strada, li facevo asciugare, li leggevo di notte (G. Bufalino)

La mia educazione sentimentale, così come il mio ancoraggio alla realtà è passato soprattutto attraverso i libri. Ho cominciato le mie letture (più o meno adulte) a circa dieci anni, in un terreno di totale indipendenza e anarchia rispetto all’età e alle proposte (quasi inesistenti) che venivano dalla scuola. I titoli li sceglievo da una rivista gratuita che ricevevo in abbonamento trimestrale per posta. Pochi fogli spillati, copertine a colori e una trama striminzita breve di tre righe. Ma bastava quello. Sui soldi degli acquisti baravo. Sono state le uniche bugie che ho detto. Ma è servito a salvarmi la vita. I libri che sceglievo erano a volte buoni, a volte meno, ma questi sono errori di gioventù privi di pericolo e che non fanno male. Accanto alla passione per le storie è venuta poi quella per la poesia e la letteratura. Mia madre non ha mai compreso pienamente cosa vi cercassi dentro con tanto affanno e ardore, i lunghi pomeriggi spesi a leggere in un angolo delle scale sotto il lucernario. Non le ho mai detto che sopperivano alle inadeguatezze della vita. Ed è stato un bene. Le accettazioni e i compromessi arrivano dopo. Quando si è giovani si ha l’impazienza di espandersi e di identificarsi con qualcuno che ci lascia liberi di emozionarci e di sognare anche. E i personaggi delle mie storie, padri, madri, amici, figli, amanti (demoni o santi che fossero), erano così. Spiriti liberi, emancipati e creativi. Con loro mi addormentavo e mi svegliavo al mattino dopo aver attraversato notti avventurose e insonni, in cui mi improvvisavo anch’io protagonista, eroina ribelle, incantatrice o strega. Adesso so che è un’abitudine anche questa. Un vizio come gli altri. La mia occasione di stare al mondo. – Maria Pina Ciancio

(l’articolo QUI)

Un ricordo di Assunta Finiguerra, poetessa dialettale dal verso coraggioso e appassionato

2 settembre 2009

Di Assunta mi mancherà la voce e le telefonate (mattutine soprattutto) fitte fitte di condivisione di vita, più che di poesia e di letteratura. La mia neve e la sua neve. Così come le prime belle schiarite di primavera. Perché i nostri paesi, così abbarbicati sui crinali interni dell’Appennino Lucano, avevano in comune l’altitudine e l’esiguo caparbio perdurare della vita. L’affanno e la fatica di difendersi dal freddo e dal vento sferzante che frusta e batte l’anima talvolta, insieme al corpo. “Ha nevicato stanotte!” “Qui abbiamo 20 centimetri di neve e continua a fioccare!” oppure “comincia a cedere il ghiaccio, sai?”, “anche da me le temperature sono salite, ma appena un po’, avrei voglia di uscire e passeggiare lungamente…” mi diceva. E la nostra poesia era dentro il raccontarsi le giornate, la quotidianità talvolta scarna ed essenziale, fatta di piccole cose e di silenzi. Fierezza e tenacia dentro una fragilità d’anime. Resistenza riconosciuta. Bisogno di andare sempre oltre e sorridere di una battuta gergale o di un verso, che Assunta inaspettatamente improvvisava quando il tono si faceva troppo greve e anche la vita a volte. “A volte provo odio-amore per la mia terra, ma nonostante i sentimenti conflittuali di cui parlo, alcuni miei versi non sono altro che un canto d’amore verso di essa: … sope a panze na nzerte de fiure janghe / de quere amata terra putendine …sul ventre un serto di fiori bianchi / della mia amata terra potentina… Sono sicura che tutta la mia poesia nasca da questo terremoto interiore”. E’ uno stralcio dell’intervista sulla poesia, che Assunta mi rilasciò nell’autunno di due anni fa per il magazine LucaniArt. E lo fece per lettera, come una volta, perché non amava il computer, se non per ricopiare i suoi versi. Negli ultimi tempi soprattutto, dalla sua casa di San Fele in provincia di Potenza, comunicava attraverso il filo di un telefono. Di amici ne aveva tanti Assunta. A Roma, a Milano in tutta Italia. Le volevamo bene ovunque, come ad una sorella.

Nelle poesie che mi spedì nell’ottobre del 2007 (edite  in rivista), volle farmi condividere la malattia attraverso l’anima dei versi. Scoprii, leggendole, la terribile ed estenuante lotta che portava avanti contro il cancro. L’abisso interiore e devastante che le lancinava terribilmente il petto “è grande è grande è grande/ l’abisso in cui mi sono ritrovata/ è cisterna di olio per una formica/ la giungla indiana per un merlo cieco”. E ne amai la fatica. La forza interiore (quella che cercavo anch’io come figlia per mia madre).

Assunta l’avevo conosciuta nell’estate di tre anni fa, e dalle letture di alcuni versi (Scurije acquistato presso l’editore LietoColle, ed altre poesie sparse sul web e in rivista) me l’ero figurata, chissà perchè, una donna robusta, dura,  dal carattere caparbio, distaccato e inaccessibile. Quando la incontrai, mi abbagliò una cascata di capelli rossi e ricci che coronavano un volto di donna esile ed energica, emozionale ed allegra. Gesticolava enormemente Assunta, con le mani, il viso, gli occhi. Visitammo insieme una mostra fotografica di Pier Paolo Pasolini, esposta in una sala del Palazzo ‘Giustino Fortunato’ di Rionero in Vulture, poi restammo in giro con amici fino a tardi.  Quella sera comprò degli orecchini ad un banchetto e ci coinvolse tutti nell’acquisto. Amava i monili, quelli artigianali soprattutto. Al braccio portava un braccialetto “porte-bonheur” con tanti piccoli cornetti tintinnanti di colore rosso corallo.

Il giorno successivo, prima della partenza,  passammo a salutarla nella sua casa di San Fele. Ne fu felice; voleva cucinarci gli spaghetti e che restassimo. Visitammo insieme il paese dentro i vicoli, poi ci spostammo in un punto esterno, distante e panoramico. San Fele ci era di fronte, tutto, una cascata di case bianche, con la luce che scorreva a fiotti sui tetti e per le strade.
Da allora ci siamo sentite spesso. Non le piaceva parlare della sua malattia, non le piaceva la retorica, né il pianto o il vittimismo, solo alla poesia –che le fu riparo e dono-  affidava il peso del suo tormento – solitudine (come lei stessa  ebbe a scrivere qualche anno prima in una nota).
Ma a qualche altro si era affidata Assunta: “quanne venghe preparateme nu liétte / nde pozze dorme tranguille e aspette / u juorne d’u giudizzje aunite a vvuje” (Amelia e Anna, Marina e Sylvia/ quando verrò preparatemi un letto / che possa dormire tranquilla e aspetto / il giorno del giudizio insieme a voi).

E a noi piace pensare e sapere che sarà felice così, tra i poeti che amava e quell’angelo di fronte all’albero di casa, a cui  un  tempo chiese custodia e riparo nei suoi versi…

Maria Pina Ciancio

“Storie minime” su Tellus Folio

Su TELLUS FOLIO – Supplemento telematico quotidiano di Tellus (18-05-2009), diretto da Claudio De Scalzo, nella rubrica Scaffali Letterari è apparsa una segnalazione alle “Storie minime” (con stralci della postafazine di Sannelli e qualche testo poetico scelto).

Riferimento all’articolo:
http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php%3Flev%3D57&cmd=v&id=8931